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Il miglioramento individuale è un argomento fondamentale per ogni squadra, lo è sempre stato, in particolare però negli ultimi anni vediamo anche in Europa sempre più squadre di alto livello assumere figure specifiche per questa funzione al di fuori del coaching staff tradizionale, seguendo a ruote l’esempio di staff NBA che sono pieni di player development coach, come spiegarci tutto ciò?
Possiamo considerare questa tendenza una “moda”? O solo una divisione dei ruoli necessaria per aiutare gli staff di alto livello, già pieni di lavoro tra scouting e partite sempre più numerose?
Questa è sicuramente una parte della risposta, ma non è l’unica.
Avere in uno staff persone che abbiano approfondito quest’area particolare può essere un valore aggiunto per una società.
L’approfondimento a cui mi riferisco riguarda in particolare due aree, la prima è la tecnica, i dettagli del movimento, le variazioni che possiamo osservarne in giro per il mondo, la seconda, fondamentale e troppo spesso sottovalutata è la metodologia con cui perseguire questo miglioramento.
C’è un intera branca di studi affascinante che può aiutarci a migliorare la nostra performance, rendendo le nostre proposte ed i nostri feedback più efficaci, in inglese viene definita Skill Acquisition
E’ impossibile trattare in modo esaustivo un argomento così grande in un articolo, ma cercherò di dare una panoramica di come possiamo impostare il lavoro individuale durante la stagione anche facendo riferimento ad alcune metodologie usate, spero di offrire spunti ed idee che ognuno possa interpretare nel modo più opportuno per la sua realtà specifica.
Perché è importante?
Il primo motivo che rende importante lo sviluppo individuale dei giocatori durante la stagione è scontato ed è l’aspettativa che questo possa tramutarsi in un miglioramento della performance di squadra in modo “diretto”.
“L’atleta A diventa migliore a svolgere l’abilità X, svolge l’abilità X meglio durante la partita, la squadra migliora la performance.”
Questo è ovviamente il motivo fondamentale, ma penso che ci sia un altro modo in cui un ambiente che presti grande attenzione al miglioramento individuale può migliorare la performance della squadra in modo “indiretto”.
Avere un obiettivo di miglioramento personale rende per alcuni giocatori più facile tenere una forte motivazione interna nel corso di una stagione che come sappiamo può essere lunga e sempre contraddistinta da alti e bassi.
Ovviamente ciò non deve avvenire a discapito dell’obiettivo di squadra, ma per un giocatore andare in palestra sapendo che c’è uno staff che pone molta attenzione al suo miglioramento individuale, a renderti migliore come giocatore, può aiutare in momenti difficili della stagione, può portare ad avere giocatori e persone maggiormente motivati e coinvolti in ciò che stiamo cercando di costruire a livello di squadra, da qui possiamo vedere miglioramenti “indiretti”.
Prima fase: Definizione degli obiettivi
La prima cosa importante da considerare è la definizione di obiettivi per il singolo giocatore, questo processo viene da lontano e deve tenere conto di diversi fattori.
Il primo passo dev’essere uno studio approfondito del giocatore, di solito svolto in off-season, cercando di osservarlo il più in profondità possibile, chiedendoci anche come le sue abilità ed i punti di debolezza possono incastrarsi con ciò che lo staff e la dirigenza hanno in mente per quel giocatore nella stagione a venire.
Facciamo un esempio concreto: è appena stata firmato un esterno, un 2/3, eccellente tiratore, un giocatore che nelle passate stagioni giocava principalmente mantenendo vantaggi sugli scarichi da vantaggi costruiti da altri.
E’ importante discutere all’interno dello staff l’uso che si ha in mente di quel giocatore. Se per esempio si ha intenzione o necessità di utilizzarlo maggiormente con la palla in mano, lo sviluppo del giocatore in situazioni di P&R e dribble handoff sarà un focus del primo periodo di allenamento.
Al contrario se quel giocatore continuerà nelle idee del coaching staff a giocare maggiormente senza palla potremmo decidere di svilupparne maggiormente altre caratteristiche, come la sua capacità di tirare in situazioni dinamiche di uscita, o magari “solamente” concentrarsi sul consolidare e migliorare la sua qualità principale, attaccare i closeout con ancora maggior efficacia.
Tutto ciò non significa ovviamente che verrà dedicato ZERO tempo alle altre aree del suo gioco che non siano l’obiettivo principale, ma quando si parla di miglioramento individuale il rischio di inseguire diversi obiettivi e non raggiugerne nessuno è altissimo.
Premessa doverosa: nessuno di noi in estate ha la certezza di come una squadra si definirà, di che dinamiche si creeranno al suo interno e di come ogni giocatore verrà utilizzato, ma è importante parlarne, avere un’idea in testa non significa inciderla nella pietra e renderla verità assoluta.
Una volta che si è svolto questo primo passo all’interno dello staff è importante, secondo me, condividere quest’obiettivo con il giocatore, spiegando le motivazioni che ci portano a pensare ciò, mettendo l’enfasi sui miglioramenti concreti che pensiamo possa raggiungere, ed anche accennare a come vogliamo raggiungere questo obiettivo.
In questo dialogo è fondamentale ascoltare attentamente le impressioni del giocatore su se stesso, non presentare il nostro obiettivo come unico possibile e verità assoluta, ma cercando un sincero convincimento da parte del giocatore, non rimanendo attaccati al nostro piano ma tenendo elasticità mentale volta a quello che è meglio per la squadra e per il giocatore.
Ovviamente questo passaggio può essere molto diverso a seconda di che giocatore si tratti, fattori come il momento della carriera di un giocatore, l’età e il suo ruolo previsto nella squadra svolgono un ruolo importante nel determinare come si svolgerà questa conversazione.
Obiettivi specifici per risultati più concreti
Durante la definizione dei nostri obiettivi è fondamentale essere specifici su ciò che vogliamo ottenere, parlando di giocatori professionisti o nelle ultime fasi del loro sviluppo giovanile vogliamo lavorare su aree precise del loro gioco che possano portarli ad un miglioramento sensibile da portare in campo nel minor tempo possibile.
La conoscenza, da parte nostra E LORO, dell’obiettivo ci aiuta nel selezionare esercizi e situazioni appropriate.
Non vogliamo migliorare “il tiro” di un giocatore, è un obiettivo troppo generico! Vogliamo migliorare:
Il tiro in situazioni di scarico, un certo livello di difficoltà e specificità, inserendo gradualmente ricezioni più dinamiche e più letture difensive.
Il tiro in situazioni dinamiche, di uscita dai blocchi o handoff, diverso lavoro di piedi, di equilibrio, di letture.
Il tiro dal palleggio in situazioni di P&R, quindi concentrandoci su altri aspetti, che vadano dalla raccolta della palla al lavoro dei piedi necessario per creare separazione.
Come è evidente i tre obiettivi presi ad esempio sopra hanno qualcosa in comune, ma anche moltissime differenze e richiedono un lavoro specifico sia in termini tecnici sia in termini “tattici” e di che situazioni dovremmo andare a ricreare per poter allenare il giocatore non solo al gesto tecnico ma alla decisione di quando e in che modo attuarlo.
Una volta che l’obiettivo è stato definito è secondo me importante creare un “player development plan” scritto per vari motivi. Innanzitutto scrivere ci aiuta a dare concretezza ed ordine alle nostre idee, può essere utile come strumento di confronto all’interno dello staff, sopratutto in realtà in cui magari un giocatore svolge sedute di lavoro individuale con diversi membri dello staff nell’arco della stagione.
E’ anche una traccia del nostro lavoro e dei nostri obiettivi, importante da condividere con altre persone del nostro ambiente, il nostro GM, la società, oppure anche da poter passare al coaching staff futuro del giocatore specifico (se vogliamo) per condividere quelle che secondo noi erano le loro priorità di crescita e mostrare su cosa abbiamo lavorato noi.
Eseguire l’obiettivo a livello organizzativo
Dopo aver definito l’obiettivo dobbiamo pensare a come poterlo sviluppare in campo, con tutte le limitazioni pratiche specifiche al nostro contesto, numero di allenamenti, numero di membri dello staff, disponibilità della palestra, momento della stagione (sia a livello mentale sia a livello di condizione fisica) ecc.
A queste considerazioni pratiche che sono specifiche per la realtà di ognuno di noi aggiungo qualche mia considerazione.
Nel nostro definire i programmi di lavoro è importante considerare chi sono i giocatori con cui andremo a lavorare:
Hanno giocato la domenica? 5’ o 30’? Hanno problematiche fisiche che richiedono una gestione dei carichi particolari durante la settimana? Vanno a scuola?
A volte dovremo essere creativi nella nostra organizzazione, anche ascoltando le preferenze dei nostri giocatori e del capo allenatore.
Ho allenato giocatori che non sono particolarmente propensi a lavorare PRIMA della seduta di allenamento di squadra per paura di arrivare stanchi alla fine di essa, ma che dopo allenamento sono disponibili, così come giocatori che hanno piacere a lavorare prima, riscaldarsi, iniziare in anticipo anche arrivando a situazioni realmente agonistiche, ma che non amano fermarsi post allenamento.
Un altro fattore per importante è Il momento in cui siamo della settimana, soprattutto se parliamo di lavorare con un giocatore che sarà in campo la domenica.
Più ci avviciniamo alla partita più possiamo pensare di inserire nel nostro momento individuale qualcosa che “richiami” il piano partita e le tendenze della squadra avversaria.
Ad esempio se il martedì la nostra seduta individuale di tiro dinamico ha incluso in ugual modo diversi tipi di situazioni e soluzioni, il venerdì potremmo concentrarci maggiormente sulla soluzione che pensiamo si possa presentare di più la domenica (es. la squadra avversaria tende a tagliare le uscite dai blocchi, lavoriamo su situazioni di allontanamento).
Un pensiero ulteriore da fare è il momento che sta vivendo il nostro giocatore, l’empatia è una caratteristica fondamentale dell’insegnamento, non solo della pallacanestro, nel nostro lavoro si può tradurre in diversi modi:
Dobbiamo sapere quando vogliamo alzare il livello della sfida, la difficoltà della nostra proposta e quando abbassarlo leggermente per dare un rinforzo positivo al nostro giocatore.
In alcune occasioni può persino capitare che la cosa migliore da fare sia lasciarlo andare a casa e “staccare” la mente dal gioco per un po’ più tempo.
Ovviamente ognuno di noi conosce i propri giocatori e può pensare alle soluzioni più appropriate per loro.
Una ultima domanda fondamentale che dobbiamo porci, e dove vediamo l’importanza del lavoro di staff, integrando il nostro lavoro con lo staff fisico e medico, è cosa sia “permesso” a quel giocatore in quel momento.
Per quanto può lavorare ad alta intensità? Può lavorare solo a bassa intensità? Può svolgere situazioni di contatto, che siano guidate o agonistiche? Dobbiamo essere flessibili e poter adattare il nostro piano di lavoro a ciò che quel giocatore può fare.
Eseguire l’obiettivo: Lavoro sul campo
Ovviamente entrare nel tecnico di come si svolge il lavoro individuale su ogni singola situazione e quali dettagli tecnici curiamo sarebbe impossibile ma è importante fare qualche considerazione generale sulla metodologia che cerchiamo di seguire.
Iniziamo elencando gli “strumenti” che un allenatore ha a disposizione per lo sviluppo di un giocatore, sono ovviamente moltissimi, un breve e parziale elenco:
Esercizi (ball-handling, passaggi, non legati a situazioni di gioco)
1c0
1c1 difesa guidata
1c1 difesa agonistica – con o senza handicap
Situazioni con più giocatori, 1v2, 2v2, 2v1 …
Differential learning (molto interessante approccio di apprendimento motorio, qui trovate più informazioni, ci sono anche libri e paper interessanti in merito, tornerò a parlarne in futuro, https://perceptionaction.com/dl/)
Constraints-led approach (Come sopra: https://perceptionaction.com/cla/)
Uso di video, sia del giocatore stesso sia di altri come strumento di insegnamento
Questi strumenti sono la nostra cassetta degli attrezzi da cui possiamo andare a tirare fuori volta per volta ciò che riteniamo più opportuno, elaborando un programma che tenga conto di tutte le limitazioni di cui abbiamo parlato sopra.
A volte c’è la tendenza con giocatori evoluti a fermarci all’utilizzo dei primi due elementi della lista, per ragioni comprensibili: hanno un carico energetico minore, possono essere svolti senza bisogno di riscaldamento preventivo, ed in parte ci permettono di fare qualcosa tutti i giorni che lo desideriamo.
Ovviamente quegli elementi sono importanti, possono fare parte di routine individuali che aiutano il rinforzo di alcuni obiettivi, ma se pensiamo di ottenere un miglioramento significativo che si traduca nel gioco non possiamo fare a meno di passare anche da altri strumenti.
Gestire i carichi di lavoro è importante, è doveroso concordare con il preparatore fisico in che momenti si possono inserire momenti ad intensità maggiore, che giocatori coinvolgere, quanto si può lavorare.
E’ vero però che il miglioramento di cui necessitano i giocatori non può che passare dal confrontarsi con atleti di livello simile al loro che simulino al meglio ciò che si verificherà in partita.
Un assistente di 1,80 (seppur con il miglior impegno del mondo!) non può essere un ostacolo sufficiente per le conclusioni al ferro, ad esempio.
Semplicemente non può simulare il tipo di percezioni che avvengono durante una partita (e quindi forzare il giocatore a trovare le soluzioni appropriate).
Pensiamoci un secondo: Esaminiamo il caso di un attaccante che stia penetrando e voglia tirare contro il difensore che è al suo fianco, il giocatore deve percepire come si sta muovendo il difensore, quanto vantaggio ha su di lui, conviene cercare il contatto col difensore per togliergli ritmo del salto? Conviene anticipare il tiro? Proteggersi col secondo ferro? Oppure il difensore mi ha recuperato e posso provare un contro-movimento, eurostep, spin move?
Per non parlare di tutte le situazioni in cui deve percepire che il vantaggio non è sufficiente per un buon tiro e valutare quale altra scelta fare.
Se vogliamo che un giocatore migliori in questo tipo di scelta dobbiamo creare le condizioni affinchè possa ripeterla un elevato numero di volte, molto superiore a quelle che avvengono durante un allenamento di squadra in 4v4 o 5v5.
Qui la chiave è un concetto molto famoso in Skill acquisition, l’idea di “repetition without repetition” (qui trovate qualcosa a riguardo), ovvero ripetere molte volte la stessa situazione senza che però tutti i fattori esterni siano uguali, ripetere la stessa “sfida” ma con variazioni continue delle variabili da leggere.
Il caso è ovviamente lo stesso per ogni altro tipo di situazione che vogliamo allenare, pensare di allenare la tecnica SOLO in modo separato dal suo utilizzo nel gioco, contro un difensore, è limitante per il giocatore stesso.
L’utilizzo di strumenti quali cuscini, bastoni per aumentare l’altezza e contestare i tiri, elastici, può aiutare ed è importante in alcuni casi ma non dobbiamo pensare che possa sostituire un difensore reale e tutte le specifiche caratteristiche che questo porta con sé.
Un altro scenario che vogliamo evitare quando si tratta di perfezionamento individuale è il continuo successo in ogni esercizio che proponiamo. Ovviamente vogliamo che il giocatore cerchi il successo in ogni ripetizione che effettua ma se è in grado ogni volta di ottenerlo probabilmente la nostra proposta non è abbastanza impegnativa, ci sono diversi studi che si sono occupati di studiare il punto di sfida ideale per l’apprendimento motorio, qua trovate qualche link utile
Questo è un concetto che possiamo cercare di replicare in tutte le nostre proposte, sfide di palleggio, esercizi di conclusioni al ferro con difesa guidata, solo attraverso gli errori possiamo raggiungere un miglioramento, è importante che anche il giocatore sia consapevole di ciò.
Ultima considerazione riguardo alla metodologia è il consiglio di inserire la maggiore variabilità possibile in ciò che facciamo, lunghe serie di tiri piazzati dalla stessa posizione hanno una loro utilità in certi momenti ed possono servire anche come rinforzo alla fiducia di un giocatore, soprattutto se è abituato a fare questo tipo di obiettivi, ma sempre più studi sull’apprendimento motorio mostrano come una maggiore variabilità si tramuti in un apprendimento migliore nel lungo periodo (come sopra, qua trovate qualcosa in più).
Per introdurre variabilità non occorre necessariamente creare situazioni dinamiche, se si vuole fare una serie di tiro piazzato si può comunque creare variabilità spostandosi ad ogni tiro, muovendosi lungo tutto l’arco dei tre punti e non tirando nelle canoniche 5 o 7 posizioni a cui molti giocatori sono abituati, ci si può anche leggermente allontanare o avvicinare all’arco dei tre punti.
Ovviamente oltre all’esempio del tiro possiamo applicare questo concetto ad ogni fondamentale, conclusioni al ferro, movimenti in palleggio, situazioni di 1c1, ecc.
Camminare questo percorso insieme ai giocatori
Penso che la parola percorso rappresenti questo tipo di lavoro in modo ottimale, è richiesta programmazione ma anche flessibilità sia in termini di come perseguire l’obiettivo preposto (modalità, tempi..) sia in termini di cambiamento di obiettivo a stagione in corso. Che sia dovuto a fattori esterni (esempio: è stato firmato un nuovo giocatore, quello con cui stavamo lavorando come 3/4 ora giocherà unicamente da 4 per tutta la stagione) o per fattori interni (ci rendiamo conto che l’obiettivo era troppo/troppo poco ambizioso, dobbiamo fare un passo avanti o indietro sulla stessa tematica).
Sempre parlando di percorso è fondamentale nel miglioramento individuale l’utilizzo di feedback, sia sul momento della seduta individuale o all’interno del 5c5 di squadra, sia nel corso del tempo per monitorare i progressi svolti.
L’uso dei video come strumento di feedback è importante anche post allenamento, nel contesto in cui lavoravo filmavamo tutti gli allenamenti e rivedere i momenti di gioco era un ottimo modo per mostrare al giocatore suoi miglioramenti ed errori senza il carico emotivo che è comportato dall’errore in partita.
E’ importante trovare momenti durante i mesi in cui sentire il parere del giocatore coinvolto, come si sente a riguardo? Percepisce un miglioramento attraverso ciò che stiamo facendo, è in grado di vedere miglioramenti nel gioco? E’ già in grado di applicarli o è in una fase in cui riconosce una situazione specifica ma non ancora ad agire di conseguenza con i tempi necessari?
Queste conversazioni sono tappe fondamentali del percorso e se vogliamo ottenere una risposta autentica dal giocatore è fondamentale scegliere i momenti opportuni in cui averle.
E’ fisiologico che durante il corso della stagione un giocatore abbia momenti di alto stress e pressione su molti fattori relativi alla sua performance, ma se parliamo di apprendimento e miglioramento è fondamentale che lui non senta in queste conversazioni di “doverci” rispondere in un certo modo, deve potersi sentire libero di dirci che non è ancora a suo agio con ciò che gli stiamo chiedendo, a livello tecnico o di applicazione in partita.
Solo attraverso una comunicazione onesta potremmo capire a che punto siamo del percorso, in modo da poter ottenere un vero miglioramento che duri nel tempo e che si verifichi in campo in situazioni di pressione agonistica.
Ricordiamoci che l’apprendimento non è mai una linea retta, nemmeno una scala a gradini, ci sono passi indietro, rapidi incrementi, fasi di stallo, ed è nostro compito tenere alta l’attenzione del giocatore verso il suo obiettivo sia nei momenti “buoni” sia in quelli meno positivi della stagione.
Esempi e conclusioni
Lascio in chiusura qualche esempio di situazioni che abbiamo svolto anno scorso con breve descrizione e link a video su youtube.
Queste non sono attività particolarmente innovative o coreografiche, volevo solo dare un cenno ad alcune delle cose che abbiamo fatto nel corso dell’anno:
1c0 + difesa guidata
Esempio di difesa guidata fatta da assistente e preparatore in mancanza di altre possibilità.
Il giocatore ha due letture da fare, sulla partenza, dove l’assistente può anche tagliargli la strada e costringerlo ad un cambio di mano, e sulla conclusione, dove il secondo difensore può contestare dal fianco o chiudere la sua penetrazione e costringerlo ad un contro movimento come eurostep, virata, reverse.
L’esercizio viene svolto in blocchi di 3 conclusioni di fila, da posizioni diverse per aumentare la variabilità, la terza conclusione consiste sempre in un tiro da scarico.
Warm up in palleggio
Un modo diverso per concludere un riscaldamento in palleggio, un’attività che vediamo fare già nel mini-basket.
Uno dei due giocatori comanda e l’altro deve rimanere davanti a lui come “un’ombra”, anche qui cerchiamo di contare i punti e di introdurre variabili, mano con cui si può palleggiare, numero di secondi disponibili ed altro ancora.
Finire il riscaldamento con qualcosa che attivi i giocatori anche dal punto di vista mentale per me è fondamentale per una seduta di allenamento in cui gli verrà poi chiesto di pensare, leggere, vedere.
Tiro 2c1
Un ottimo e semplice esercizio per allenare la componente di decisione del tiro.
Due attaccanti disposti sui 3pt a 3/4 metri di distanza, un difensore che parte in mezzo a loro, passa la palla ad uno dei due e difende, giocando come meglio crede. L’attacco può fare massimo 1 passaggio, e vengono contati 3/4” di tempo per arrivare al tiro.
Come potete vedere la qualità dei tiri è comunque elevata ma se lo provate noterete immediatamente un abbassarsi delle percentuali di realizzazione rispetto ad una serie di tiro senza difesa.
L’obiettivo è simulare almeno in parte una situazione in cui il giocatore debba non solo eseguire il gesto tecnico ma scegliere se tirare o passare, come succede solitamente in partita.
Spesso notiamo come i buoni tiratori siano in grado di prepararsi al tiro mentre ricevono la palla, rendendosi conto che lo spazio tra loro e il difensore gli permetterà di tirare, questo è un semplice modo per allenare questa capacità.
Per renderlo competitivo si può contare 1pt per assist e canestro, 1pt per palla deviata o stoppata.
1c1 da P&R, Handoff, Closeout
In ogni situazione ovviamente possiamo costruire limiti che la rendano più allenante per il livello dei giocatori coinvolti, e manipolare questi limiti (un esempio di constraints-led approach) è un modo per variare l’esercizio continuando a lavorare sulla stessa situazione.
Per esempio su P&R ed handoff la regola era di NON poter andare al ferro se il difensore andava sopra il blocco, immaginandoci un lungo in protezione, ma di doversi costruire lo spazio per arresto e tiro. Lavorando quindi sulla capacità di mettere il difensore nel blocco, di usare un rescreen se la difesa andasse under (era consentito al massimo una volta), mentre per enfatizzare l’importanza di rifiutare i blocchi era concesso andare al ferro se si rifiutare il P&R.
Questo è un piccolo esempio di come possiamo manipolare le regole e gli obiettivi per “spingere” leggermente i giocatori verso soluzioni desiderate da noi (una tecnica applicata anche nelle situazioni di gioco di squadra, tornerò a scriverne).
Ovviamente questo tipo di situazioni non simulano al 100% le difficoltà di una partita ma permettono di ricreare una situazione semplificata in cui il giocatore può lavorare su alcuni aspetti del suo gioco.
Il fatto di tenere più componenti reali del gioco possibile (difesa - situazione specifica - obiettivo) è importante per avere situazioni che siano rappresentative di ciò che avviene in partita (qua altra teoria per chi vuole approfondire)
Conclusioni al ferro con difesa handicap
L’attacco parte con palleggio vivo o da partenza fuori dai 3pt, il difensore parte al suo fianco con un piede dentro ed uno fuori dai 3pt. L’attacco sceglie quando partire, la difesa cerca di recuperare, è un esercizio apparentemente facile ma in cui vedrete più errori ed anche più soluzioni motorie creative del previsto, si può ovviamente modificare in mille modi enfatizzando un aspetto piuttosto che un altro, incoraggiando un certo tipo di conclusione piuttosto che un’altra, o inserendo anche un secondo difensore nello smile o che arrivi in aiuto dal lato debole
Tiro dinamico con difesa
Un’attività divertente e competitiva, le regole del gioco sono scritte nel video, spostando le posizioni dei coni si può aumentare o ridurre la difficoltà, simulando diversi tipi di uscite in diversi spazi del campo
Permette di ricreare alcune delle componenti chiave di questa abilità senza la reale entità dei contatti fisici, se siete in una mattina o momento della stagione di carico più leggero.
Si può anche modificare il numero di palleggi disponibili dopo la ricezione, 0? 1? 1 ma solamente per prendere un palleggio arresto e tiro?
Ancora una volta secondo me è importante inserire un sistema di punti per motivare i giocatori ed accendere la sfida.
Spero che da questi pensieri ognuno possa trarre almeno uno spunto, anche se non condividerete totalmente quanto letto, personalmente infatti le cose che mi hanno insegnato di più tra quelle che ho letto di basket in questi anni sono state quelle con cui non condividevo al 100%, ma che mi hanno offerto idee diverse da interpretare e su cui ragionare.
Un altro punto secondo me fondamentale per gli allenatori sia di squadre senior sia di settore giovanile è la cura sullo studiare COME insegnare oltre che COSA insegnare.
Qualsiasi domanda o commento è ben accetto, la mia mail è fr.nanni@gmail.com
Francesco Nanni